Diagnosi e terapia dell’aborto ricorrente
L’aborto ripetuto e l’aborto ricorrente (o abituale) rappresentano un argomento difficile da inquadrare clinicamente e ancor più difficile da affrontare terapeuticamente.
Queste patologie hanno un fortissimo impatto psicologico sulle pazienti, le quali manifestano ansia, angoscia, senso di colpa e depressione. L’innalzamento dell’età media in cui le donne decidono di andare incontro alla maternità, inoltre, aumenta l’effetto ansiogeno dell’esperienza di uno o più aborti.
Di conseguenza è in aumento il numero di pazienti che si rivolgono allo specialista per trovare la causa degli aborti.
Bisogna ricordare che il circa il 15% delle gravidanze esita in aborto: questa percentuale rappresenta il rischio di aborto che rimane invariato ad ogni gravidanza, indipendente dall’esito delle gravidanze precedenti. Inoltre è stimato che circa il 60-70% dei concepimenti non raggiunge lo stato di gravidanza clinicamente rilevabile.
Da alcune indagini effettuate tramite il cariotipo dei feti abortiti spontaneamente è risultato che nel 60% dei casi vi è un assetto cromosomico aneuploide. Alcune indagini epidemiologiche hanno evidenziato come nel caso di due aborti spontanei consecutivi la probabilità di avere una gravidanza regolare a termine è dell’80%, in caso di tre aborti è circa del 70%, in caso di 4 aborti è del 55% e in caso di 5 aborti è del 20%. Inoltre, sempre da studi epidemiologici, si evidenzia che la casualità di due aborti consecutivi riguarda l’80% di queste donne, mentre quando si verificano tre aborti quelli dovuti al caso sono circa il 50%. La casualità riguarda il 20% in caso di quattro aborti e meno del 5% in caso di cinque o più aborti. Di conseguenza è chiaro che sussiste una reale patologia solo nel caso di pazienti con 4-5 aborti consecutivi. Nell’esperienza clinica però il medico si troverà di fronte, nella maggior parte dei casi, a donne con uno o due aborti che richiedono di essere rassicurate per l’esito delle eventuali prossime gravidanze. Dare risposte esaurienti è un compito difficile, se non impossibile, visto che in circa il 50% dei casi di aborto ricorrente l’eziologia rimane inspiegata. Generalmente in caso di aborto ricorrente nel 3-6% dei casi è evidenziabile un’anomalia cromosomica in uno dei due genitori. Nel 10-14% dei casi le donne presentano un’ anomalia anatomica dell’utero. Un altro 30-40% delle pazienti con aborto ricorrente presentano autoanticorpi anticardiolipina, i più coinvolti nel determinare l’aborto, o altri autoanticorpi, quali gli anti-nucleo, anti-tiroide, anti-muscolo liscio e anti-mitocondriali. Molto spesso questi anticorpi più che essere la diretta causa dell’aborto, possono essere la spia di un problema del sistema immunitario che potrebbe promuovere il “rigetto” del prodotto del concepimento. In altri casi, secondo i punti di vista dei diversi clinici, vi è la comunanza degli antigeni HLA e una patologia endocrina come diabete o ipotiroidismo. Nel 30-40% dei casi non si trovano plausibili spiegazioni.
Approccio diagnostico
L’approccio per la diagnosi dell’aborto ricorrente va sempre iniziato con una serie di esami clinici e strumentali che permettano di individuare una possibile causa dell’abortività o del mancato impianto. Questi esami prevedono lo studio dell’assetto cromosomico dei componenti la coppia, esami ematochimici per problemi metabolici o immuno-sierologici, dosaggi ormonali, screening anticorpale e coagulativo, ricerca di possibili agenti patogeni batterici e virali e controlli strumentali quali l’Ecografia con sonda vaginale e l’Isteroscopia. Nei casi di ripetuto mancato impianto in trattamenti di fecondazione assistita potrebbe essere utile la ricerca di aneuploidie (numero di cromosomi non corretto) utilizzando una tecnica di indagine su alcune cellule dell’embrione prima del suo trasferimento in utero (PGS).
Tuttavia, come abbiamo precedentemente accennato, dopo tutti questi esami si riuscirà ad individuare la presunta eziologia degli aborti solo in una meta’ dei casi.
Anche la terapia per il trattamento di questa patologia risulta non sempre risolutiva. Nei pazienti che presentano nel siero autoanticorpi e in particolare nel caso degli anticardiolipina il trattamento con cortisonici, aspirina ed eparina a basse dosi generalmente risolve una buona parte di questi casi. Nel caso di difetti Mülleriani può essere indicato un intervento di metroplastica. Nei casi che non presentano cause individuabili con gli esami clinici sopra menzionati, e nei casi recidivanti sono state suggerite alcune terapie, quali l’infusione di immunoglobuline o di linfociti. Studi policentrici effettuati in numerose Università straniere non hanno tuttavia dimostrato per questi trattamenti alcuna validità scientifica.
E’ indubbio comunque che più ci si avvicina ad una diagnosi certa, più mirata ed efficace può essere la terapia.